Associazione Culturale Ballincontrà

le tradizioni popolari diventano emozioni

Articolo Monte di Malo

Monte di Malo gdv 2

«Ballincontrà», uniti in nome della tradizione

Un'associazione culturale che si propone di riportare colori, suoni e atmosfere di una volta nelle piazze dei paesi vicentini

di Katia Cogo

L'altovicentino è da sempre famoso per le sue tradizioni secolari, che la gente del luogo cerca con ogni modo e mezzo possibile di tramandare alle nuove generazioni affinché non vengano perse. Ed è questa la mission di un'associazione thienese, nata qualche anno fa proprio per portare avanti usante dei nostri avi. «Ballincontrà è un'associazione culturale nata a Thiene, che si propone di riportare nelle piazze dei paesi quelli che erano gli aspetti della vita quotidiana di un tempo, attraverso balli, mestieri e racconti di una volta», spiega Chiara Fausti, membro del gruppo e voce narrante delle attività che esso propone durante le feste paesane.

«Per riportare l'atmosfera di quella che era la vita nei nostri piccoli paeselli a cavallo tra la fine dell'800 e gli inizi del '900, vengono messi in scena i balli ce si facevano, ricostruiti grazie ad un lavoro di studio fatto appoggiandosi anche ai racconti di chi quei tempi li ha vissuti davvero, o magari se li ricorda o gli sono stati narrati da qualche parente; sono proprio testimonianze dirette di queste persone che ci hanno aiutato a rispolverare tutti quei balli, come la "polaca", oramai caduti in disuso», racconta Chiara che domenica, assieme ai suoi compagni, si è esibita a Monte di malo in occasione della «Festa delle castagne».

 L'associazione non offre solo spettacoli di danza, ma ricostruisce in maniera minuziosa quelli che erano i locali dove si viveva un secolo fa: «quando ci chiamano, non ci limitiamo a ballare, ma cerchiamo proprio di far sì che chi ci sta guardando si senta veramente catapultato al passato; cerchiamo di riprodurre le vecchie stalle, oppure le cucine di un tempo, insomma la quotidianità della vita contadina dei primi del '900, con dei banchetti dove vengono esposti i vecchi "ferri del mestiere", quelli che ora non si usano più», continua Chiara, spiegando che durante le loro uscite vengono riproposti tutti i lavori e le figure professionali che, con l'avvento della tecnologia e dell'automatizzazione, sono andate inevitabilmente perse.

«Presentiamo sempre gli strumenti d'epoca, come la "mulinella" o "l'aspo", il banco del falegname e quello dell'arrotino, detti "el marangon" ed "el moleta", oppure il calzolaio». Sempre presente durante gli spettacoli ci sono il gallo, il coniglietto nano e l'oca di Piero, animali che lui stesso ha addestrato e porta sempre con se, anche e soprattutto per educare i bambini alla loro conoscenza. Chiara è entusiasta che nel gruppo ci siano anche tanti ragazzi giovani «siamo circa una trentina di persone, e l'età varia dai 20 ai 75 anni compiuti; è bello vedere che generazioni così distanti nel tempo riescano a condividere una passione così forte e la voglia di tramandare antiche tradizioni popolari, affinché non vadano perse. Tra di noi c'è anche un suonatore di fisarmonica e uno di bombardino, altri due strumenti che poco si sentono suonare ultimamente».

L'associazione «Ballincontrà», oltre ad esibirsi sulle piazze, entra anche nelle scuole e nelle case di riposo: «tra di noi c'è una maestra che lavora alla primaria di Altavilla, e siamo proprio andati dai suoi ragazzi ad insegnare loro i balli di una volta e i mestieri dell'epoca, si sono talmente divertiti, per loro erano cose nuove, mai viste».

Chiara ci tiene a ricordare che «durante i nostri spettacoli riportiamo in scena anche il vero dialetto veneto, quello stretto, con parole che ora non si usano più, non perché siano state dimenticate, ma perché erano vocabili che andavano ad identificare dei mestieri o degli strumenti particolare che ad oggi sono caduti in disuso, e di conseguenza anche il loro nome di perde»; sono tante le parole del dialetto degli anni passati che non si usano più, come il verbo «scartosare», ricorda la Fausti, il quale significava letteralmente «scartare le pannocchie», un meccanismo che una volta veniva fatto a mano, abbandonato a favore di macchinari che compiono lo stesso lavoro in meno tempo, senza bisogno della forza umana.

Oltre a ciò, il gruppo porta anche sulle piazze le vecchie favole raccontate dai nonni, come la storia delle anguane, del salbanelo e dell'orco che, seduto sulla cima della montagna, si fumana il sigaro. «Storie bellissime che è un peccato non tramandare ai nostri bambini; le anguane erano le antiche streghe che abitavano i boschi e lavavano i panni nei fiumi. Sono tutte storie orali che devono essere raccontate», conclude Chiara.

E, da quello che si può percepire vedendo i ragazzini sorridere di fronte ai loro spettacoli, si può dire che la strategia funzioni.